Dopo la campagna di guerra del 1859 (Seconda guerra d’indipendenza nazionale), conclusa con i preliminari di Villafranca e la successiva Pace di Zurigo (10 novembre 1859), il sistema fortificato del Quadrilatero assumeva importanza vitale per la sicurezza absburgica in Italia. In seguito alla cessione della Lombardia, la frontiera dello Stato veniva a coincidere con la linea del Mincio, ossia con il fronte occidentale del Quadrilatero.

   Forte LugagnanoLa costituzione del Regno d’Italia (1861), e la non celata aspirazione ad annettere anche il Veneto, rendeva necessario, per gli uomini di guerra absburgici, pianificare la difesa secondo un disegno strategico di dimensione regionale.
Le fortificazioni del Quadrilatero dovevano essere coordinate in un sistema più ampio. Esso si estendeva da Venezia, vastissima piazzaforte terrestre e marittima, a Rovigo, formidabile testa di ponte offensiva sul basso Adige (4 forti, costruiti negli anni 1862-1863). Lo stesso Quadrilatero era integrato e ampliato con la doppia testa di ponte sul fiume Po, a Borgoforte (4 forti, costruiti negli anni 1860-1861); con le fortificazioni collinari di Pastrengo, per costituire una testa di ponte sulla destra d’Adige (4 forti, costruiti nell'anno 1861). Lo sbocco della valle atesina era già stato munito dal sistema di sbarramento della Chiusa Veneta, negli anni 1849-1852, con la tagliata stradale e i tre forti situati sui dominanti dintorni rocciosi.

   Ai fondamentali fattori di riassetto politico del territorio, e di geografia militare, in quello stesso tempo si aggiungevano straordinarie innovazioni tecniche nella costruzione delle macchine da guerra. L’avvento sui campi di battaglia delle artiglierie a retrocarica (sistema del barone Wahrendorff), con anima rigata (sistema del generale Giovanni Cavalli), imponeva una profonda revisione nell’assetto delle piazzeforti e nell’ordinamento costruttivo delle singole opere fortificate che costituivano i campi trincerati. Ciò avveniva a causa della maggiore gittata delle bocche da fuoco (4500 ÷ 6000 metri), del notevole aumento di precisione nel tiro e dell’accresciuta potenza di penetrazione ed esplosiva dei proiettili cilindrico-ogivali.

   Per proteggere Verona, la principale piazza di deposito e di manovra del Quadrilatero, il campo trincerato del rideau era insufficiente, in parte incompleto, e troppo vicino alla cinta magistrale rispetto alla gittata delle nuove artiglierie. Nel 1859, prima che iniziassero le operazioni di guerra, le autorità absburgiche avevano già stabilito di completare, dove necessario, le opere esistenti con la chiusura dei fronti di gola e la costruzione di muri distaccati alla Carnot, muniti di caponiere casamattate.

   Forte DossobuonoSubito dopo la guerra, ancora nel 1859, si poneva mano a una ulteriore estensione del campo trincerato, alle estremità della linea fortificata esistente. Sulla riva destra dell’Adige, a nord-ovest, venne edificato il Forte Parona, a presidiare il nuovo ponte ferroviario di Parona (1859). A nord-est, sul colle di Montorio presso l’antico castello scaligero, durante la guerra erano state disposte batterie provvisorie per completare la difesa del settore orientale, in concorso con il Forte San Michele.

   Queste estensioni fortificatorie preludevano al definitivo ampliamento del campo trincerato con una nuova linea più avanzata a forti distaccati, per sottrarre al bombardamento d’artiglieria il corpo di piazza, con i suoi primari stabilimenti militari, opifici e caserme, nonché la stessa comunità civile. Nella primavera del 1860 l’arciduca Leopoldo, ispettore generale del Genio, era a Verona per presiedere la commissione mista (Genio-Artiglieria) riunita per stabilire la disposizione dei nuovi forti distaccati che dovevano formare la linea avanzata del campo trincerato.

   Sul fronte principale della piazzaforte, a destra d’Adige, la nuova linea fortificata si dispiegava su un tracciato lungo 15 chilometri. A nord iniziava, sull’Adige, con il Forte Parona, in costruzione, comprendeva il Forte Chievo, preesistente; poi disegnava nella pianura un grande arco avanzato, alla distanza media di 3500 ÷ 3800 metri dalla cinta magistrale. Su di esso, a intervalli di 2000 ÷ 2700 metri, si era stabilita la costruzione di quattro forti, situati rispettivamente davanti a San Massimo, davanti a Santa Lucia, sulla strada per Azzano, davanti a Tomba-San Giacomo. A sud-est si individuava la quinta posizione da fortificare presso la riva dell’Adige, a Ca’ Vecchia, dove poi verrà eretto l’omonimo forte, durante la guerra del 1866.

   Anche il settore orientale, di riva sinistra, doveva essere rafforzato con una nuova opera sul colle di Montorio, e con l’adattamento del castello scaligero per le numerose postazioni d’artiglieria da fortezza. Si individuava, inoltre, una posizione intermedia in pianura tra il Forte San Michele e il colle di Montorio: qui verrà eretto il Forte Ca’ Bellina, nel 1866. Nel piano delineato dall’arciduca Leopoldo, con il direttore del Genio Franz von Neuhauser, e il comandante dell’Artiglieria, Verona raggiunge la sua massima estensione di città fortificata, alla fine di una lunga evoluzione, durata quasi duemila anni.

   Forte DossobuonoI forti del campo trincerato di riva destra dovevano essere costruiti secondo un modello unico, adattabile alle diverse posizioni e agli specifici compiti difensivi di combattimento. Il progetto guida, definito a Vienna dalla General Genie Inspection, deriva direttamente dai disegni elaborati dal capitano Daniel Salis-Soglio (1826-1919), in servizio alla Genie Direction di Verona. Egli aveva tenuto conto di un progetto di forte delineato, nel 1855, dal precedente Genie Director, Conrad Petrasch. Salis-Soglio aveva da poco progettato e iniziato i lavori di trasformazione del Forte Parona. Nel 1861 progetterà e dirigerà i lavori per i quattro forti della testa di ponte di Pastrengo. Salis diverrà uno dei più illustri architetti militari europei del secondo Ottocento. La prima grande prova del suo talento tecnico e artistico la diede proprio a Verona, nei quattro forti di riva destra progettati ed edificati in un solo anno. All’immenso cantiere, concluso nella primavera del 1861, operarono giornalmente sino a 13.000 operai. Salis coordinava il gruppo dei progettisti esecutivi e direttori dei lavori, composto da otto ufficiali del Genio; egli stesso diresse il cantiere del Forte Lugagnano.

   I quattro forti del Salis riassumono l’essenza del sistema di fortificazione poligonale austro-prussiano. L’architettura fortificata della scuola neotedesca, nata dopo il 1820 nei cantieri delle piazzeforti federali, sulle linee fluviali del Reno e del Danubio, raggiunge un risultato di eccellenza nel nuovo campo trincerato di Verona. E proprio a Verona si avranno, nel 1866, i prototipi della nuova fortificazione con le opere di Andreas Tunkler. Nei forti di Salis-Soglio, come nelle architetture di Franz von Scholl, risalta il magistero del taglio della pietra, nobilitato dalla qualità e dalla tradizione dei materiali veronesi.
 

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