Cronologia:
1854-1856

Committente/Progettista:
Impero absburgico; FM. J. Radetzky (Comandante d’Armata) / maggiore Conrad Petrasch (direttore della Genie Direction di Verona).

Descrizione:
   Grande forte a tracciato poligonale (sistema poligonale misto della scuola fortificatoria neotedesca), con ridotto centrale. Impianto ottagonale, leggermente schiacciato, con due lati rientranti, a formare il fronte di gola tanagliato.
   Il forte costituiva il cardine autosufficiente del campo trincerato sul fronte orientale, di riva sinistra d’Adige, in sito pianeggiante. Distava 3200 metri da Porta Vescovo; 500 metri dall’abitato di San Michele extra moenia.
   Situato a cavaliere della strada proveniente da Vicenza, la obbligava ad aggirarlo, e la prendeva d’infilata con le sue artiglierie, anche sul rovescio, verso San Michele Extra, con le casamatte del fronte di gola.
   Inoltre, batteva di fronte e di fianco la strada ferrata per Venezia (1846). Incrociava il fuoco con il Forte Santa Caterina, sulla riva opposta, e con la batteria provvisoria del Castello di Montorio, con la quale si opponeva agli investimenti da oriente. Le sue artiglierie battevano l’intero giro d’orizzonte; l’azione di fuoco più potente era diretta verso gli opposti versanti del colle di Montorio, le Ferrazze e la collina della Musella, verso la piana fluviale a sud di San Martino Buon Albergo.
   Per la sua posizione, assai avanzata, il forte verrà integrato nella linea del successivo ingrandimento del campo trincerato (1861).

   Il grande ridotto del forte, a pianta circolare composita, con un settore a minore raggio di curvatura, deriva dalla torre casamattata cilindrica con cortile interno. La parte maggiore, in posizione centrale, è parzialmente staccata dal fronte di gola, al centro del quale, verso l’esterno, sporge la parte minore, a formare il ridotto di gola, con funzione di caponiera. Le due parti del ridotto si elevano su un solo piano, con copertura terrapienata, disposta a piattaforma per l'artiglieria in barbetta. Anche il piano terra del ridotto di gola è ordinato per l’artiglieria in casamatta; mentre il ridotto maggiore, contenente i ricoveri per la guarnigione e due polveriere, è provvisto di una galleria perimetrale per fucilieri. Le riserve d’acqua erano assicurate da quattro pozzi: due nel cortile del ridotto, due nel piazzale interno.

   Il terrapieno, modellato sul poligono d’impianto, con il ramparo e le traverse, è ordinato per le artiglierie da fortezza, con postazioni a cielo aperto. La scarpata esterna del terrapieno, a pendenza naturale, scende fino al livello del fosso asciutto perimetrale, dove è presidiata dal muro distaccato alla Carnot. Sui salienti principali del poligono sporgono le caponiere casamattate per il fiancheggiamento del fosso, provviste di cannoniere e fuciliere; la caponiera centrale è del tipo a orecchi di gatto.
   Due poterne, adiacenti alle ali del fronte di gola e dotate di vani casamattati di servizio, mettono in comunicazione il piazzale interno del forte con il cammino di ronda lungo il muro alla Carnot, ordinato per fucilieri, e con le tre caponiere.
   All’esterno, completava l’opera la controscarpa a pendenza naturale, rivestita dal muro aderente solo in corrispondenza delle caponiere, e lo spalto, raccordato alla campagna secondo un piano inclinato discendente.

   Provenendo da Verona, superata la chiesa sanmicheliana della Madonna di Campagna, si presentava una architettura orizzontale, adattata al profilo pianeggiante. Al forte si accedeva attraverso due portali ad arco, preceduti da ponte levatoio, inseriti simmetricamente nel fronte di gola, accanto al ridotto.
   L’intitolazione del forte alla giovane imperatrice Elisabetta di Baviera (1837-1889), attesta l’importanza dell’opera. Come il Forte Chievo, infatti, è da osservare quale modello di architettura militare absburgica, per le future fortificazioni di Verona e dell’Impero.
   È ragguardevole la perfezione geometrica dell’impianto planimetrico, la sua simmetria, la combinazione di tracciati circolari e poligonali, nonché la complessa e razionale articolazione delle parti in un opera di assoluta unità spaziale. A Verona, è l’ultima prova del talento architettonico di Conrad Petrasch.

Armamento: 5 cannoni rigati ad avancarica da 12 cm

 

24 cannoni ad anima liscia
Presidio di guerra: 300 fanti
  90 artiglieri
Presidio di emergenza: 190 uomini
Riserve di munizioni: circa 510.000 kg di polveri

Stato di conservazione:
   Completamente spianato e demolito dopo la seconda guerra mondiale, per ragioni di viabilità e per dare lavoro ai disoccupati. Il sito di impianto originario, oggi intensamente edificato, si identifica su via Unità d’Italia, nello spazio compreso tra le traverse via Marmolada-via Zanati e via Gottardo-via Rossi.

Osservazioni: 
   Il 16 ottobre 1866, l’avanguardia dell’esercito italiano, prima di entrare a Verona, sostò alcune ore presso il Forte San Michele, ormai disarmato.
Sul modello architettonico del Forte San Michele, negli anni 1854-1861, venne costruito il Werk VI (Forte Ardietti) nel campo trincerato della piazzaforte di Peschiera. Questo bellissimo forte è ancora perfettamente conservato e visitabile (Centro di Documentazione Storica della Fortezza di Peschiera, sig. Giorgio Capone, tel. 045 7550242).

 

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