Cronologia:
[a] sec. VIII: è documentata l’esistenza della chiesa di San Martino in Aquaro, presso l’Adige.
[b] sec. XII (prima metà): costruzione della cinta muraria comunale lungo l’Adigetto e della posterla (porta) del Morbio, per l’accesso al primo recinto fortificato presso l’Adige.
[c] 1240-1250: assetto definitivo, con antemurale, della cinta comunale-ezzeliniana lungo l’Adigetto.
[d] 1283-1289: integrazioni e rafforzamenti scaligeri della cinta lungo l’Adigetto.
[e] 1289: costruzione delle mura (regaste alla Beverara) lungo la riva destra dell’Adige, dal borgo di San Zeno all’Adigetto, successivamente prolungate sino al Duomo.
[f] 1354: costruzione del castello di San Martino in Aquaro e del ponte fortificato sull’Adige; la chiesa di San Martino viene conservata all’interno della Corte d’Armi (recinto settentrionale).
[g] 1376: costruzione della torre maestra (Mastio) presso il ponte fortificato.
[h] 1387-1402: rafforzamento della cinta muraria lungo l’Adigetto e collegamento di sicurezza tra la Cittadella e Castel Vecchio.
[i] secc. XV-XVIII: sistemazione interna e costruzione di fabbricati nella Corte d’Armi (recinto settentrionale) per varie destinazioni logistiche; residenza del castellano e del cappellano, caserma, arsenale d’artiglieria, armeria, polveriera, magazzini per le riserve alimentari (granai). Parte del Mastio è utilizzato come carcere; un’altra residenza per il castellano era sistemata nella Reggia (corte meridionale).
[j] 1618-1630: costruzione del rivellino di terra anteposto alla testata del ponte fortificato, sulla riva sinistra (Campagnola).
[k] 1759: insediamento del Veneto Militar Collegio (poi Publico Collegio Militare), nella Reggia (corte meridionale), adattata alla nuova destinazione.
[l] 1762; 1785: progetti di sistemazione e ampliamento della Reggia per la sede del Collegio Militare.
[m] 1797 (17-25 aprile): durante i combattimenti antifrancesi delle Pasque Veronesi la Torre dell’Orologio è gravemente danneggiata e in parte demolita.
[n] 1797-1801: durante la prima occupazione austriaca il castello è destinato a caserma di fanteria.
[o] 1801: demolizione eseguita dai napoleonici della torre e del barbacane sulla testa del ponte scaligero, prima di ritirarsi sulla riva destra, in seguito al trattato di Luneville (9 febbraio 1801).
[p] 1802-1805: lavori di trasformazione del castello (Corte d’Armi); cimatura delle torri e loro protezione con coperture terrapienate; demolizione dei fabbricati interni; costruzione della caserma casamattata disposta sul fronte verso l’Adige e sul fronte settentrionale. Demolizione della chiesa di San Martino in Aquaro. Demolizione dell’Arco dei Gavi (1805) e riduzione del fossato esterno sul Corso.
[q] 1806: costruzione della testa di ponte sulla riva sinistra (Campagnola) composta da una batteria per artiglieria e dall’opera di terra antistante, a coda di rondine.
[r] 1823-1824: restauro e consolidamento del ponte fortificato scaligero danneggiato dalle operazioni di guerra.
[s] 1836: è documentata la destinazione della corte settentrionale del castello ad arsenale fortificato (Zeughaus). Nella corte meridionale, già sede del Veneto Militar Collegio, è insediata la Scuola d’Artiglieria dello Stato Maggiore (Artillerie-Stabs-Schule).
[t] 1845: ripristino della testa di ponte napoleonica (opera a coda di rondine) sulla riva sinistra (Campagnola).
[u] 1850: trasferimento della Scuola d’Artiglieria nella Caserma di San Cristoforo; destinazione ad armeria dei fabbricati della corte meridionale.
[v] 1854-1861: spianamento della testa di ponte sulla riva sinistra in seguito alla costruzione del nuovo Arsenale della Campagnola; Castel Vecchio conserva la destinazione a caserma di Artiglieria.
[x] 1864: sistemazione e ammodernamento della stazione del telegrafo ottico sulla torre maestra.
[y] 1870: apertura del fornice carrabile accanto al resto della Torre dell’Orologio per il passaggio diretto dal corso al ponte; modifica del profilo della rampa d’accesso al ponte di Castel Vecchio.
[z] 1866-1923: mantenimento della destinazione militare come Comando di Fortezza, caserma e Scuola per Ufficiali di Complemento.

Committente/Progettista:
[a] Dati non documentabili.
[b] Libero Comune di Verona / progettista sconosciuto.
[c] Libero Comune di Verona; Ezzelino da Romano / progettista sconosciuto.
[d] [e] Alberto I della Scala / progettista sconosciuto.
[f] Cangrande II della Scala / Giovanni da Ferrara e Giacomo da Gozzo (attribuzione incerta).
[g] Bartolomeo e Antonio della Scala / progettista sconosciuto.
[h] Gian Galeazzo Visconti / progettista sconosciuto.
[i] Repubblica Veneta; Provveditori di Terraferma / progettista sconosciuto.
[j] Repubblica Veneta; Provveditori di Terraferma / Francesco Tensini.
[k] Repubblica Veneta; Andrea Giovannelli, capitano e vicepodestà di Verona / progettista sconosciuto.
[l] Repubblica Veneta / Anton Maria Lorgna (direttore del Veneto Militar Collegio); Pedrinelli, Benoni, Bertolini, ingegneri.
[o] [p] [q] Repubblica Cisalpina; Repubblica Italiana; Regno Italico; Napoleone Bonaparte / generale François de Chasseloup-Laubat, comandante del Genio in Italia; capitano Bertrand, Corpo del Genio.
[r] Impero absburgico; J. M. Frimont von Palota (Comandante Generale delle Venezie) / capitano Ignaz Török del Genie Corps.
[s] [t] [u] Impero absburgico; F.M. J. Radetzky (Comandante d’Armata) / progettista sconosciuto.
[v] Impero absburgico; F.M. J. Radetzky (Comandante d’Armata) / maggiore (poi tenente colonnello) Conrad Petrasch (Direttore della Genie Direction di Verona).
[x] Impero absburgico; F.Z.M. Ludwig von Benedek (Comandante d’Armata) / tenente colonnello Andreas Tunkler von Treuimfeld (Direttore della Genie Direction di Verona); capitano di I classe Alexander Rainer (in servizio alla Genie Direction di Verona).
[y] Esercito del Regno d’Italia; Direzione del Genio / progettista sconosciuto.
[z] Esercito del Regno d’Italia /—

Proprietà:
   Comune di Verona; la Corte della Reggia e parte della Corte del Mastio sono concesse in uso all’Esercito, come sede del Circolo Ufficiali di Presidio.

Descrizione:
   La complessa disposizione planimetrica del castello è generata da più fasi costruttive, dalle trasformazioni e dai restauri succedutisi nel tempo. La seguente descrizione si riferisce all’assetto raggiunto nella prima metà dell’Ottocento, poi parzialmente trasformato dal restauro di Forlati-Avena (1923-1925).

   Si distinguono tre parti, la cosiddetta Corte della Reggia scaligera, a meridione, la Corte d’Armi, a settentrione, separate dalla Corte del Mastio, oggi assai trasformata, su più livelli altimetrici, dopo la rettifica tardo ottocentesca del profilo della rampa di accesso al ponte fortificato.

   Tra la Corte del Mastio e la Corte d’Armi si erge l’alta cortina muraria merlata, imponente resto della cinta sull’Adigetto, di epoca comunale, preesistente al castello. La cortina si estende dalla Torre dell’Orologio alla riva dell’Adige, presso il ponte. Segnalano successive fasi costruttive, e ricostruzioni, le diverse tessiture murarie e i diversi materiali in opera: alle estremità il muro è a blocchi grezzi di tufo, resto dell'originaria edificazione (prima metà del secolo XII); nella parte centrale, ricostruita dopo il crollo del 1239, la muraglia è a fasce alterne di ciottoli e laterizio. Verso la Torre dell’Orologio è visibile un tratto formato da grossi blocchi lapidei, recuperati da antichi edifici. L’originaria Torre dell’Orologio, demolita dai francesi del generale Bonaparte, si innalzava in posizione assai più sporgente sul corso, quasi a contatto e a difesa dell’Arco dei Gavi, inglobato nelle mura comunali dell’Adigetto e trasformato in porta urbana (Porta Sancti Zenonis).

   A meridione, la Corte della Reggia ha conformazione planimetrica irregolare, a trapezio. La residenza fortificata scaligera, collegata all’alto Mastio, era disposta solo lungo il lato adiacente alla riva dell’Adige. L’altro corpo di fabbrica, a essa innestato in ortogonale e addossato alla cortina settentrionale della corte, venne edificato nel Settecento per ampliare la sede del Veneto Militar Collegio, edificio gravemente manomesso (1923-1925), e oggi irriconoscibile. Una torre-porta, con ponte levatoio, si protende verso meridione all’estremità della Reggia; a levante della medesima torre, lungo l’alveo dell’Adigetto, si innesta la cinta merlata, con apparecchio murario di ciottoli e laterizio, che circonda la corte a sud e a est, sino alla torre di levante, sul corso, che precede la Torre dell’Orologio. In epoca absurgica la Corte della Reggia ebbe varie destinazioni; nell’edificio già sede del Veneto Militar Collegio venne insediata la Scuola d’Artiglieria dello Stato Maggiore (Artillerie-Stabs-Schule); dopo il suo trasferimento il medesimo edificio venne destinato ad armeria (Zeughaus).

   A settentrione si dispone il recinto merlato, quasi rettangolare, della Corte d’Armi, protetto sul perimetro esterno dal fosso asciutto e munito da quattro torri, merlate e coperte da tetto ligneo a padiglione. Il grande recinto è chiuso a meridione, verso la Corte del Mastio, dall’alta cortina comunale attestata alla Torre dell’Orologio (completamente ricostruita nel 1923-1925); davanti alla medesima cortina è stato rimesso in luce l’originario fosso asciutto interno, completamente interrato già nel Sei-Settecento. Nella cortina orientale, prospettante sul corso, è inserita in posizione intermedia la torre-porta con ponte levatoio. Un ingresso secondario, anch’esso con ponte levatoio, è posto accanto alla torre d’angolo sul corso. Il recinto si conclude sulla riva dell’Adige con la quarta torre, alla cui base si apre una piccola porta di sortita, o soccorso, detta pusterla. Sulle pareti di torri e cortine si può osservare l’impiego omogeneo di paramenti murari laterizi; il basamento, a profilo scarpato dal piano del fosso asciutto, è invece rafforzato e rivestito da blocchi squadrati, regolari, di pietra da taglio. Nello spazio interno della corte è disposta, a ovest, a chiudere il fronte sull’Adige, e a nord, addossata alla cortina, la caserma difensiva napoleonica, oggi irriconoscibile nella trasfigurazione del restauro stilistico (1923-1926). La caserma era a struttura casamattata, con possenti volte terrapienate, a prova di bomba. Il piano terra era originariamente adibito a magazzini e laboratori per i materiali d’artiglieria; al primo piano erano disposti gli alloggiamenti, disimpegnati dal ballatoio esterno. Lo scalone a rampe contrapposte, appoggiato alla cortina comunale, portava al ballatoio e alla copertura, formata dal terrapieno a profilo di fortificazione, sul quale erano ordinate nove postazioni di artiglieria. In epoca absburgica, prima che fosse edificato il nuovo Arsenale della Campagnola, gli edifici della Corte d’Armi erano adibiti ad arsenale d’artiglieria; in seguito vennero utilizzati come caserma d’artiglieria.

   L’insieme del castello è dominato dall’alta mole del Mastio, che si erge sul fronte occidentale, in riva all’Adige, presso il ponte fortificato. La sua figura è possente anche per l’aspetto dei paramenti murari, di laterizio, compatti e privi di distacchi o risarciture. Ancora nel Settecento, sulla faccia orientale campeggiava la grande immagine, in affresco, del leone di San Marco, simbolo del dominio veneto. In epoca absburgica la torre ospitava la stazione del telegrafo ottico militare, in comunicazione con la rete di segnalazione istituita tra le piazzeforti del Quadrilatero. Gli apparecchi segnalatori, diurni e notturni, collocati sulla copertura a terrazza, erano in collegamento con i corrispondenti apparati posti sulla Torre della Gabbia, a Mantova, e con quelli della torre telegrafica di Pastrengo, sul colle di San Martino.

   Tangente alla base del Mastio, il ponte a tre grandi archi diseguali supera il fiume, con l’audacissimo slancio dell’arcata maggiore, sulla luce di 142 piedi veneti (48,69 metri). Ricostruito dopo la rovina bellica operata dell’esercito germanico nel 1945, ancora oggi il ponte si impone all’osservatore come un capolavoro d’arte. L’elemento funzionale della sicurezza militare, materializza nell’architettura un’opera di assoluto valore paesistico, capace, per se stessa, di imprimere al paesaggio urbano un indimenticabile carattere. Castel Vecchio raccoglie, in compendio, la storia della città.

Stato di conservazione:
    Negli anni 1923-1926, secondo le direttive del professor Antonio Avena, direttore dei Musei Civici, e su progetto dell’ingegnere e architetto Ferdinando Forlati, Castel Vecchio fu oggetto di restauro stilistico. La ricostruzione dell’immagine medievale ha quasi del tutto cancellato le opere settecentesche e ottocentesche; ha inoltre sovvertito l’originaria ripartizione funzionale all’interno del castello tramutando, mimeticamente, la caserma napoleonica in un irreale palazzo scaligero-veneto. La stessa configurazione degli elementi fortificatori è stata ridefinita senza tener conto degli originari rapporti d’altezza tra torri e cortine. Ciò si rileva con evidenza nel recinto maggiore, al punto che le cortine possono sembrare troppo basse, e le torri troppo alte. La Reggia fu rispettata, ripristinandone anche gli ambienti interni. Nelle sale del castello restaurato, a eccezione di quelle occupate dal Circolo Ufficiali, venne allestito il Museo d’Arte di Castelvecchio.

   I bombardamenti aerei del 1945 danneggiarono l'ala orientale del castello. Nello stesso anno le truppe tedesche in ritirata minarono e distrussero il ponte scaligero. La ricostruzione dell’ala distrutta viene eseguita già nel 1947, sotto la direzione dell’architetto Alberto Avesani. Il ponte è stato restituito al patrimonio monumentale veronese dalla fedele ricostruzione curata da Pietro Gazzola negli anni 1948-1951. Dell’opera originaria si conservano solo le pile intermedie, a pianta pentagonale, rivestite alla base da grandi conci squadrati di pietra rustica. Le arcate, con le ghiere a elementi lapidei radiali e le sovrastanti strutture laterizie, sono state completamente ricostruite secondo le forme primitive.

   Negli anni 1960-1967 viene eseguito e compiuto il celebre rinnovamento del museo su disegno di Carlo Scarpa, secondo le idee del professor Licisco Magagnato, direttore dei Civici Musei.

Osservazioni:
    La vicenda costruttiva del castello è complessa e prolungata nel tempo. La complessità deriva, in generale, dall’importanza della sua posizione nell’organismo urbano, e in particolare dal suo stretto legame, morfologico e funzionale, con la cinta urbana eretta in epoca comunale lungo l’Adigetto. Non è qui trascurabile la presenza della Porta Sancti Zenonis, generata dall’antico Arco dei Gavi (metà del I sec. d.C.), inglobato nella medesima cinta muraria comunale.

   Un altro elemento dell’ipotetica configurazione originaria del castello può essere stata la costruzione voluta da Alberto I della Scala, nel 1298, delle regaste alla Beverara, la muraglia che doveva servire ad arginare l’Adige nella grande ansa fra le mura comunali e il borgo murato di San Zeno. Le mura comunali, l’Adigetto, le mura di Alberto sulla riva fluviale, delimitavano un impianto a forma di trapezio irregolare, idoneo ad ampliare la difesa verso l’esterno, con un nuovo recinto murario, destinato a divenire il caposaldo occidentale della cinta comunale-ezzeliniana. Questo, in via ipotetica, può essere il nucleo primigenio del castello alla fine del XIII secolo, oggi riconoscibile nel recinto a trapezio che contiene la Corte della Reggia e la Corte del Mastio.

   L’intervento definitivo voluto da Cangrande II della Scala, riconducibile al 1354, configura un vero e proprio castello urbano. Sistemato il fortilizio preesistente a meridione della cinta comunale, che assunse le forme della residenza fortificata, a settentrione della stessa cinta fu costruito il grande recinto rettangolare della Corte d’Armi. Nello stesso tempo fu edificato il ponte sull’Adige. Il complesso fortificatorio fu portato a compimento nel 1376 da Antonio e Bartolomeo della Scala, con la costruzione del Mastio.
   Inizialmente il castello prese il nome di San Martino in Aquaro, derivato dalla preesistente chiesa racchiusa nella Corte d’Armi, la cui esistenza risaliva all'VIII secolo. Il toponimo può essere ricondotto sia alla vicinanza dell’Adigetto (acquario o canale), sia alla vicinanza di un ponte (quaro), che avrebbe superato lo stesso canale, o l’Adige.

   Il nuovo castello si trovava in posizione baricentrica, sulla riva destra, rispetto all’addizione urbana di Cangrande I, tra la testata della cinta a destra d’Adige, presso la Catena Superiore, e la testata della cinta a sinistra d’Adige, presso la Porta di San Giorgio. L’essenza funzionale e architettonica della sua posizione è quella di costituire un elemento della difesa urbana inscindibile dal fiume, e nello stesso tempo predisposto a proiettare la sua azione oltre il fiume stesso. Il ponte, a uso esclusivo del castello, serviva come via di fuga o di accesso per gli aiuti provenienti dalla Val d’Adige, evitando così che il fiume diventasse una barriera insuperabile. Ma all’interno del complesso sistema difensivo urbano poteva servire per organizzare sortite in modo da operare tatticamente sulle opposte rive fluviali. Il castello è stato pensato come fulcro dell’intero sistema difensivo, e la sua torre maestra come centro del controllo visuale della città, a sinistra e a destra d’Adige, e del paesaggio circostante.
   Negli anni della signoria viscontea la costruzione del nuovo caposaldo difensivo di Castel San Pietro diminuì la primaria funzione difensiva del castello di San Martino, allora denominato Castel Vecchio, che tuttavia assunse importanza in relazione al nuovo sistema di attrezzature logistiche della Cittadella, l’ampio quadrangolo fortificato esteso a sud ovest, tra la cinta comunale e la cinta scaligera, destinato anche all’accampamento delle milizie. Questo spazio completamente difeso da mura era in diretta comunicazione con Castel Vecchio attraverso la strada coperta esistente tra la cinta comunale e l’antemurale. Inoltre, sul coronamento della cinta comunale fu raddoppiata la merlatura, per ottenere un camminamento protetto, dallo stesso Castello alla Rocchetta della Bra.

   In epoca veneta Castel Vecchio era usato come residenza del castellano e del cappellano, caserma, arsenale d’artiglieria, armeria, polveriera, magazzino per le riserve alimentari (granai). Parte del Mastio era utilizzato come carcere; un’altra residenza per il castellano era sistemata nella Reggia (corte meridionale). Nel 1759 Castel Vecchio divenne sede del Veneto Militar Collegio, istituito per la formazione di ingegneri da inquadrare in un corpo tecnico militare. La nuova prestigiosa destinazione rese necessaria la sistemazione degli edifici esistenti nella corte meridionale, e la costruzione di un nuovo edificio ortogonale alla Reggia. Nella corte settentrionale permaneva l’acquartieramento dei soldati e il deposito dei materiali d’artiglieria, in fabbricati appositamente disposti nello spazio interno.

   All’inizio dell’Ottocento il castello fu trasformato per essere adattato ad arsenale e ridotto difensivo urbano. Demoliti i fabbricati della corte settentrionale, compresa l’antica chiesetta di San Martino, negli anni 1802-1805 la nuova caserma difensiva fu costruita lungo i lati ovest e nord della Corte d’Armi. Le torri furono cimate e coperte da volte casamattate; nei muri furono aperte le cannoniere. La merlatura delle cortine fu eliminata chiudendo gli spazi intermedi. Nell’anno 1805 l’Arco dei Gavi fu demolito per ragioni di viabilità; anche l’adiacente Torre dell’Orologio, già danneggiata e cimata nel 1797, venne demolita completamente per ampliare la sezione stradale.

   La trasformazione in caserma difensiva e in arsenale fortificato era ritenuta soddisfacente dal Comando militare absburgico, che mantenne tale impiego dal 1814 al 1866. Negli anni trenta dell’Ottocento nella vecchia sede del Veneto Militar Collegio venne sistemata la Scuola di Artiglieria dello Stato Maggiore (Artillerie-Stabs-Schule), trasferita negli anni cinquanta nella Caserma di San Cristoforo. Anche dopo la costruzione dell’Arsenale della Campagnola, a Castel Vecchio venne mantenuta un’armeria (Zeughaus) nella Corte della Reggia, e la caserma di artiglieria nella corte maggiore. Alla fine degli anni Cinquanta dell’Ottocento, sulla terrazza del Mastio fu installata la stazione di telegrafia ottica. Gli esperimenti erano finalizzati alla disposizione di una rete di segnalazioni ottiche diurne e notturne fra le piazzeforti del Quadrilatero. Oltre a Verona, le fortezze dotate di stazioni di emissione e di ricezione erano Pastrengo, Rivoli, Peschiera, Mantova, Borgoforte.

   Sotto l’Amministrazione Italiana è confermata la destinazione a caserma. Dapprima sede del Comando di Fortezza, gli edifici della Corte della Reggia divennero sede del Circolo Ufficiali di Presidio. Nel 1870 il ponte di Castel Vecchio fu aperto al pubblico e reso transitabile con l’apertura di un arco gotico nelle mura perimetrali, vicino al resto della Torre dell’Orologio.

   Negli anni 1923-1926, durante il restauro di Forlati e Avena, la Torre dell’Orologio venne ricostruita in posizione più arretrata, retrocessa verso il castello; nei medesimi anni venne ricomposto e restaurato l’Arco dei Gavi, al centro della piazzetta prospicente la cortina nord-orientale di Castel Vecchio.

   Nel progetto di recupero dell'Arsenale della Campagnola, attualmente in corso di studio e di definizione, si impone il tema dell’unità architettonica dell’impareggiabile insieme monumentale e paesaggistico formato dal Castel Vecchio, dal ponte fortificato sull’Adige, e dall’Arsenale absburgico “Franz Josef I”.

 

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