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Cronologia:
[a] sec. VIII: è documentata la presenza, sul colle,
della chiesa di San Pietro.
[b] 1393: costruzione del castello visconteo.
[c] secc. XV-XVIII: costruzione di vari fabbricati di servizio (palazzo
del comando, caserme, depositi, polveriera) all’interno del
castello.
[d] 1801: demolizione quasi completa del castello e dei suoi fabbricati
interni, compresa la chiesa, con operazioni di mina eseguite dai
napoleonici.
[e] 1852-1858: progetto e costruzione della caserma absburgica;
sistemazione dei resti del castello e della strada di accesso.
Committente/Progettista:
[a] dati non documentabili.
[b] Gian Galeazzo Visconti / progettista sconosciuto.
[c] Repubblica Veneta / progettista sconosciuto.
[e] Impero absburgico; FM. J. Radetzky (Comandante d’Armata)
/ maggiore poi tenente colonnello Conrad Petrasch (Direttore della
Genie Direction di Verona); capitano Adolph Lepkowsky
(in servizio alla Genie Direction di Verona);
capitano Julius Bolza (in servizio alla Genie Direction
di Verona).
Proprietà:
Comune di Verona.
Descrizione:
Il recinto del castello ha tracciato irregolare,
di forma allungata, derivato dalla morfologia del sito d’impianto,
sulla sommità del colle: i lati a ovest e a sud sono rettilinei,
il lato orientale è a linea spezzata. Originariamente
il recinto era munito di dodici torri; è riconoscibile dalla
muratura a corsi alternati di ciottoli e di mattoni. All’interno,
verso l’estremità nordorientale, si elevava l’alto
mastio, oggi in rovina. Due porte d’accesso dotate di ponte
levatoio erano poste rispettivamente sul fianco orientale, e sul
fronte meridionale. Inoltre, una via di soccorso condotta su un’alta
muraglia, lo collegava dall’angolo nord-occidentale alla sottostante
torre, appartenente alla cinta collinare scaligera. In essa si dispose
una porta segreta (pusterla); la torre assunse allora il
nome di Bacola (forse da bacula, trabocchetto che si poneva all’entrata
delle porte fortificate), che si trasmise alla rondella
eretta al suo posto nel Cinquecento.
Precedentemente alla costruzione della caserma
absburgica, la parte meridionale del castello era occupata da vari
fabbricati e per l’acquartieramento dei soldati, dalla chiesetta
di San Pietro in Castello, distrutti nel 1801 dai napoleonici; il
castello era dotato di una grande cisterna sotterranea, edificata
nel Cinquecento, probabilmente ancora conservata.
La caserma di fanteria si eleva all’interno
dell’orginario recinto fortificato del castello visconteo,
ed è in parte sovrapposta al sito d’impianto dell’antica
chiesa di San Pietro.
La caserma è a corpo lineare tripartito:
la parte centrale, di maggiore estensione planimetrica, si eleva
su tre-quattro piani, adattandosi al dislivello del terreno; le
due testate a torre, sporgenti sul fronte principale, si innalzano
di un ulteriore piano. L’impianto distributivo interno è
regolato dagli elementi modulari dei grandi vani coperti da volte
a sesto ribassato. Il corridoio, lungo il lato posteriore, è
coperto all’ultimo piano da una volta a tutto sesto; su ogni
livello disimpegna i grandi ambienti voltati (camerate comuni).
Il corpo scala è in posizione centrale.
Nelle due torri di testata, dove termina il corridoio, l’asse
delle volte è ruotato di 90 gradi, con vani in collegamento
passante. I servizi igienici, su ogni piano, sono separati in un
corpo a torre distaccato nel mezzo del fronte posteriore: sui tre
piani erano collocate batterie circolari di servizi, collegate verticalmente
a colonna. Oltre alle camerate, erano disposte all’interno
della caserma gli uffici del comando, gli alloggi degli ufficiali,
i laboratori di manutenzione degli equipaggiamenti e delle armi,
i depositi.
La Caserma di Castel San Pietro era dimensionata
per due compagnie di fanteria e per 32 serventi alla batteria d’artiglieria,
predisposta sul piazzale per il bombardamento della città
in caso di guerra; complessivamente poteva accogliere 452 soldati
e 9 ufficiali.
Il Rundbogen (stile dell’arco a
tutto sesto), allora adottatto nel grande Arsenale di Vienna, viene
applicato per la prima volta a Verona nel disegno neomedievale della
Caserma di Castel San Pietro. Nelle sue facciate, con paramento
di laterizio a vista e ghiere d’arco policrome, si riconoscono
i caratteri del medioevo centroeuropeo e gli elementi della tradizione
figurativa veronese. Consapevoli della speciale posizione nel paesaggio
urbano, secondo le prescrizioni di Radetzky, i progettisti absburgici
imprimono alla nuova caserma l’aspetto architettonico del
castello, in accordo con le circostanti mura collinari scaligere.
La copertura a terrazza, con le bianche merlature stilizzate, oltre
che per la funzione militare, era pensata per l’osservazione
prospettica dalla città nel suo meraviglioso quadro ambientale
e paesaggistico: un belvedere degno delle visite imperiali.
Stato di conservazione:
Nel 1801 i francesi di Napoleone distrussero
gran parte del castello e degli edifici interni, compresa la chiesa
e il mastio, le cui rovine si trovano ancora all’interno del
recinto. Tuttavia, i resti della cinta per quanto rovinati sono
ancora considerevoli, e meriterebbero maggiore riguardo per la loro
conservazione.
La caserma absburgica, inutilizzata, è
quasi integralmente conservata, nonostante il lungo periodo di abbandono.
Gli spazi esterni sono accessibili: il piazzale meridionale è
meta preferita di turisti e veronesi; l’interno del castello
è sistemato come parco pubblico. La strada fortificata, diretta
alla Rondella della
Baccola, è inaccessibile.
Negli anni Venti del Novecento si costruì
la funicolare per il trasporto dei visitatori da Santo Stefano a
Castel San Pietro; l’impianto è inattivo da molti anni.
Tra i fattori di degrado va menzionato la completa
interruzione del rapporto un tempo esistente tra il castello e la
cinta collinare, ora separati da una proprietà privata (campeggio).
La separazione è fisicamente accentuata dalla vegetazione,
che sottrae alla vista l’intero fronte settentrionale del
castello.
Osservazioni:
Il castello visconteo sorgeva sul colle detto
di San Pietro, un luogo di primaria importanza strategica, e di
incidenza paesaggistica, poiché era la posizione privilegiata
per il controllo del fiume e dell’intera città, a destra
e a sinistra d’Adige. Qui sono state trovate le più
antiche tracce di insediamento preromano, risalenti all’Età
del Ferro, tali da ipotizzare l’esistenza di un castelliere.
In età romana, già all’inizio del I sec. a.C.,
vi sorgeva l’Arx, luogo sacro e fortificato posto
a guardia del passaggio sull’Adige della via Postumia e dell’Oppidum
(borgo fortificato) posto ai piedi del colle, e successivamente
della città sorta sull’opposta riva. Si ritiene che
la chiesa dedicata a San Pietro, esistente e restaurata nell'VIII
secolo, sia stata costruita su un preesistente tempio romano. Da
Persico nel 1820 poteva ancora descriverne le rovine: “...l’antichissima
chiesa di San Pietro, costrutta di antichi e preziosi marmi, ...
frammenti di auguste fabbriche del Campidoglio” e di seguito
“Ne restano ancora in piedi le pareti, e le colonne, e capitelli
diversi, con qualche avanzo delle antiche pitture a fresco”.
La funzione difensiva del colle si consolidava
nel Medioevo. Si fa risalire a Berengario la sistemazione del Castrum
nell’anno 890. La ricostruzione del 1393 voluta da Gian Galeazzo
Visconti ha cancellato le antiche preesistenze.
In epoca veneta (sec. XV-XVIII) il castello, con
nuovi fabbricati interni, era destinato anche alla residenza del
comandante militare. Nel 1627 sono documentati lavori di restauro
negli alloggi dei soldati, nelle abitazioni del “Governatore
di Castelli” e del capo dei bombardieri (relazione del Provveditore
di Terraferma Bragadin). Nel 1703 la caserma di fanteria esistente
venne ampliata, per ospitare un presidio raddoppiato, da 150 a 300
uomini (relazione del Provveditore di Terraferma Venier).
Il complesso del castello visconteo e della Caserma
di San Pietro è da molti anni oggetto di riflessioni e svariate
proposte di recupero, riconosciuto lo straordinario significato
storico, paesaggistico, simbolico, che il luogo riveste. Tuttavia
per molti anni, da Ruskin in poi, si sono espressi pregiudizi sull’architettura
della caserma absburgica, il cui significato artistico è
da recuperare nella cultura del romanticismo ottocentesco europeo.
Si è anche giudicata eccessiva la dimensione dell’edificio
rispetto al luogo, dimenticando che l’opera ottocentesca non
eccede la dimensione dell’antico castello; ne ripropone, in
nuova forma, la configurazione anche nello schema compositivo a
torre e cortina.
Recentemente (dicembre 2002), a cura degli Amici
del Museo di Castelvecchio, secondo le decisioni già assunte
dall’Amministrazione Comunale, è stato definito un
piano operativo per la stesura del futuro progetto di valorizzazione
del colle fortificato, di restauro dei resti del castello visconteo,
e di recupero della caserma absburgica come sede del Museo della
Città.
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