Cronologia:
[a] 1211-1212: costruzione della chiesa e del monastero di Santa Maria Maddalena (poi denominato Santa Marta).
[b] 1293: costruzione del chiostro.
[c] 1300: ampliamento e rinnovamento della chiesa.
[d] 1805-1810: per decreto napoleonico il convento viene soppresso; chiesa e monastero vengono demanializzati e poi venduti.
[e] 1833-1835: ripristino del convento di Santa Marta per uso religioso.
[f] 1850: acquisizione del convento da parte del Demanio absburgico.
[g] 1863-1865: costruzione dello stabilimento della provianda; demolizione di gran parte del convento di Santa Marta.

Committente/Progettista:
[a] [b] Ordine dei Frati e Suore di Sant’Agostino (Ordine di San Marco di Mantova?) / progettista sconosciuto.
[c] Alberto I della Scala / progettista sconosciuto.
[e] Ordine dei Cappuccini / progettista sconosciuto.
[g] Impero absburgico; F. Z. M.Ludwig von Benedek (Comandante d’Armata) / tenente colonnello Andreas Tunkler von Treuimfeld (Direttore della Genie Direction di Verona); capitano di I classe Ferdinand Artmann; capitano di II classe Anton Naredi-Rainer von Harbach (entrambi in servizio alla Genie Direction di Verona).

Proprietà:

   Demanio dello Stato, Ministero della Difesa. In uso all’Esercito, in via di dismissione.

Descrizione:
   La Provianda di Santa Marta si compone di tre edifici disposti in uno spazio rettangolare recintato, completamente autonomo rispetto al complesso militare del Campo Marzo, nel quale è inserito. Il progetto originario prevedeva un quarto edificio, prospettante su via Cantarane ed elevato su quattro piani, nel quale si sarebbero dovuti insediare gli uffici di amministrazione dello stabilimento; il grande edificio, connotato come ingresso monumentale alla provianda, non venne realizzato.

   L’edificio principale, rivolto a meridione, domina con il suo prospetto il vasto interno di Campo Marzo; è visibile dalla circonvallazione esterna, emergente dietro alla Cinta Magistrale. In origine era destinato alla produzione di pane e gallette, al deposito e all’amministrazione di altri generi di sussistenza.
   Gli altri due edifici affiancati sul lato occidentale, di identica forma, contenevano i silos (magazzini a celle isolate per la lunga conservazione dei cereali). Fa parte della provianda il resto del chiostro del preesistente convento dei Cappuccini di Santa Marta.

Edificio dei forni, o panificio (Backhaus)
   L’edificio dei forni è disposto sul lato meridionale del recinto, e si eleva su cinque piani, di cui uno interrato. In pianta si conforma come un corpo a blocco chiuso, di grande dimensione (metri 118 x 49), articolato in tre parti: il blocco centrale è predominante per le dimensioni (metri 52 x 49), e per la destinazione; ai lati si saldano i corpi minori (metri 28 x 36). L’impianto a blocco tripartito è regolato da uno schema ortogonale, sul cui asse longitudinale si aprono tre corti, alle quali sono coordinati i collegamenti verticali e orizzontali (scale e ballatoi).

   Nel corpo centrale, la pianta è generata dalla disposizione simmetrica, al piano terra, della doppia batteria contrapposta dei forni a intermittenza per la cottura del pane, e degli adiacenti locali per l’impasto. Nello stesso piano era installata la motrice a vapore che azionava il setaccio meccanico, la pompa dell’acqua e l’elevatore. La capacità di produzione dei dodici forni corrispondeva a cinquantaduemila razioni giornaliere di pane (da 750 grammi), e a venti quintali di gallette biscottate. Al piano terra, oltre ai magazzini, si trovavano i locali per il ricovero e la manutenzione dei forni da campo; ai piani superiori, erano disposti gli altri magazzini di sussistenza. Il piano interrato, con l’efficace sistema di ventilazione naturale, era destinato alla conservazione degli alimenti deperibili.

   Nel panificio di Santa Marta l’organizzazione del ciclo di lavorazione si integrava con la razionalità dell’impianto spaziale. La struttura interna dell’edificio, sui quattro piani, è ordinata sul modulo quadrato del sistema formato da volte a vela di laterizio rette da pilastri di pietra da taglio. Alla solidità della struttura, adatta ai carichi dei magazzini, si unisce la flessibilità d’uso e di organizzazione dello spazio interno
   La studiata composizione dei prospetti ravviva l’imponente massa dell’edificio, attenuando la preponderante orizzontalità e trasfigurandola con la successione ritmica dei contrafforti sporgenti, e con la varietà delle aperture arcuate (monofore, bifore, trifore). Le aperture sono coronate da archi bugnati di tufo; nei contrafforti spiccano i conci lapidei.

   Nel corpo centrale risaltano tre elementi a facciata gotica: i due laterali, più alti, col doppio spiovente; quello centrale col coronamento a gradoni. Al centro della facciata principale (lato sud), sotto il coronamento risalta uno stemma scalpellato, probabilmente un emblema dell’Impero absburgico. Sul prospetto settentrionale campeggia il quadrante di un orologio da torre collocato alla base del coronamento a timpano.

I due magazzini a celle multiple, o silos
   I due silos per le granaglie, affiancati, sono adiacenti al lato occidentale del recinto; la loro ubicazione venne dettata dalla comodità del collegamento con la diramazione ferroviaria proveniente dalla vicina Stazione di Porta Vescovo, extra moenia. La loro dimensione in pianta è di metri 18 x 50. I silos furono progettati secondo il nuovo tipo, a celle ermetiche fuori terra, che assicurava il completo isolamento del grano. All’interno di ognuno dei magazzini erano originariamente sistemati 65 silos di muratura laterizia, rivestiti con pareti di lamiera metallica.

   In tempo di pace la scorta di granaglie poteva servire per diciotto mesi a un’armata di centomila uomini. Al magazzino orientale è annesso un fabbricato di un solo piano, che originariamente conteneva i macchinari, azionati da motrice a vapore, per la pulitura, la molitura, l’abburattatura delle granaglie (lato est).
   I due fabbricati, a blocco isolato, hanno pianta rettangolare. Al centro delle testate settentrionali sporgono gli elementi a torre, a base semiottagonale, che contengono la scala.
   Nei magazzini sono ripresi, semplificati, i motivi ornamentali del panificio, come il coronamento a gradoni, e l’inserimento dei conci lapidei nei contrafforti angolari. Al piano terra dei fabbricati si apre una serie di archi bugnati di tufo, a sesto ribassato.

Il resto del convento dei Cappuccini di Santa Marta
   Del chiostro, originariamente a pianta quadrata, si conserva solo una parte di due ali. Il fabbricato si eleva su due piani; è disposto ad angolo di fronte alla testata nord del magazzino orientale. All’estremità meridionale del chiostro si salda un fabbricato rettilineo e sfalsato.

   Lo stabilimento della provianda è caratterizzato da un’immagine neomedievale, romanico-gotica, derivata dall’orientamento più eclettico del Rundbogenstil, di matrice nord-europea.
   Sul pilastro di marmo rosso veronese, posto nell’androne del panificio, è incisa la scritta «ANDREAS RITTER TUNKLER - FERDINANDUS ARTMANN - ANTONIUS NAREDI RAINER - HOC OPUS FECERUNT - 1865». Sopra i nomi dei progettisti, è infisso lo stemma della casata di appartenenza.

   Il progetto dell’ultimo grande edificio militare, costruito a Verona, fu elaborato da ufficiali del Genio di riconosciuta preparazione e capacità tecnica. Il tenente colonnello Andreas Tunkler von Treuimfeld (1820-1873), era noto in Europa per le sue pubblicazioni di scienza delle fortificazioni e per l’attività di insegnamento all’Accademia del Genio di Kloster Bruck. Il capitano Ferdinand Artmann (1830-?), era un esperto di tecnologia della sussistenza, della produzione e conservazione alimentare; nel progetto della provianda organizzò il ciclo di produzione e curò l’installazione dei macchinari. Anton von Naredi-Rainer aveva già dato prova del suo talento nel progetto per l’ampliamento di Porta Vescovo, negli anni 1862-1863. Nella composizione della facciata del panificio di Santa Marta si manifesta un’immagine neomedievale che attesta la cultura di Naredi-Reiner, incline all’orientamento più eclettico del Rundbogen, affermatosi nel secondo Ottocento; i connotati stilistici della sua architettura sono di matrice centroeuropea, del tutto estranei ai moduli figurativi locali, del medioevo veronese.

Stato di conservazione:
   Gli edifici sono quasi integralmente conservati. Tuttavia il completo distacco dell’originario paramento a intonaco, che ha messo in vista la tessitura muraria (conci irregolari di pietra tufacea alternati a corsi di laterizio), ha mutato la loro immagine architettonica d’insieme.

   Della struttura a silos dei due magazzini rimangono solo le pareti perimetrali; le celle originarie sono state sostituite da silos di laterocemento, negli anni trenta del Novecento. Negli stessi anni all’edificio occidentale è stato annesso un fabbricato di un solo piano (deposito). Ai piani intermedi delle testate meridionali sono state inserite nuove aperture ad arco.

   Le strutture originali del resto del convento di Santa Marta sono tuttora conservate; è ancora osservabile la successione dei pilastri e degli archi.
   All’inizio del Novecento, per esigenze di adeguamento tecnologico, sono stati demoliti i 12 forni ad intermittenza, e sostituiti con forni continui. Durante la seconda guerra mondiale l’edificio dei forni è stato colpito dai bombardamenti aerei che ne hanno danneggiato la copertura.

Osservazioni:
   La chiesa e l’annesso monastero furono edificati nel 1211-1212 dall’Ordine dei Monaci di Sant’Agostino (secondo Biancolini appartenevano all’Ordine di San Marco di Mantova); originariamente la chiesa fu dedicata a Santa Maria Maddalena. Nel 1293 fu costruito il chiostro. La chiesa fu rinnovata e ampliata nell’anno 1300 per volontà di Alberto I della Scala. Nel 1350 il monastero fu soppresso, e la proprietà venne acquisita dal vicino monastero di Santa Maria delle Vergini. Solo nel sec. XIX la chiesa assunse la denominazione di Santa Marta, forse per un errore di trascrizione nel catastatico dei beni del convento.
   Negli anni 1805-1810, per decreto napoleonico il convento di Santa Maria delle Vergini (suore Francescane) è soppresso; chiesa e monastero sono alienati. La chiesa di Santa Marta, sconsacrata, fu usata per alcuni anni come ricovero per gli stalloni. Fu venduta nel 1829; il campanile pericolante fu abbattuto nel 1833.
   Nello stesso anno la chiesa fu acquistata dai Padri Cappuccini, che la restaurano e ripristinarono il chiostro. Nel 1850 l’autorità militare austriaca acquisì i fabbricati, che vennero destinati a caserma. Negli anni 1863-1865 la chiesa fu demolita assieme a gran parte del convento in conseguenza della costruzione del nuovo stabilimento della provianda; fu conservata solo una parte del chiostro.
   Facevano parte del vitale servizio logistico della provianda (Verpflegsamt) anche il vicino Panificio di Santa Caterina da Siena, e parte della Caserma di San Francesco di Paola.

   La stesura originale del progetto (1863) prevedeva la costruzione di un grande edificio su via Cantarane, da destinare agli uffici amministrativi della sussistenza e agli alloggi del personale; non venne costruito. Nel 1866 il Veneto venne annesso al Regno d’Italia.

 

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