Edifici e stabilimenti
- Caserme- Polveriere

 

   Dal 1835-1840 al 1866, nel nucleo urbano di Verona si attua il progressivo inserimento di edifici e stabilimenti militari, destinati alle varie attività ed esigenze logistiche dell’esercito absburgico. Ciò è determinato dalla principale funzione strategica attribuita alla città, secondo le disposizioni volute dal Feldmaresciallo Radetzky. Dopo il 1848-1849 (prima guerra d’indipendenza nazionale), a Verona è attribuito il compito di centro vitale del dispositivo fortificatorio del Quadrilatero. Alle tre piazzeforti avanzate di Peschiera, Mantova e Legnago competevano funzioni operative, di combattimento, come piazzeforti di manovra (Manovrier Plätze), destinate a sostenere l’armata nel teatro di guerra.
    A Verona, oltre alla funzione di piazzaforte di manovra, era attribuita la funzione di piazzaforte di deposito (Depot Platz). Il suo assetto fortificatorio garantiva all’armata, in ogni condizione, una base d’appoggio per ripiegamenti tattici, ritorni offensivi, manovre di guerra. Inoltre, la posizione geografica della città, in diretto collegamento stradale e ferroviario con il centro della monarchia absburgica, e la sua posizione nel teatro di guerra, protetta dalle altre piazzeforti avanzate del Quadrilatero, conferivano a Verona le caratteristiche speciali della piazzaforte di deposito.


    Al suo interno, in tempo di pace, in speciali edifici e stabilimenti militari, erano predisposti, conservati, prodotti, amministrati, tutti gli equipaggiamenti, gli approvvigionamenti, gli armamenti, le riserve, i materiali necessari all’armata da mobilitare in caso di guerra.
   Le risorse dell’armata, così concentrate in un’unica città, non potevano essere esposte al rischio di imprese nemiche. Secondo i principi dell’urbanistica militare, alla piazza di deposito dell’armata doveva essere conferito un grado di consistenza fortificatoria tale da non essere soggetta a colpi di mano e da resistere, soprattutto, a operazioni di assedio regolare, eseguite con artiglierie da fortezza. Inoltre, il nucleo urbano nel quale erano insediati gli edifici e gli stabilimenti militari doveva essere sottratto al bombardamento. La duplice linea del campo trincerato di Verona garantiva le necessarie condizioni di sicurezza, oltre alle funzioni di appoggio per le manovre dell’armata.

  Verona, con le fortificazioni del primo e del secondo campo trincerato (1848-1861/66), e il contemporaneo adeguamento delle svariate attrezzature per i servizi logistici dell’armata, divenne la principale piazza di deposito absburgica in Italia, da ricordare tra le principali città militari d’Europa nell’Ottocento.
   Nel nucleo della città fortificata, o corpo di piazza, ossia nello spazio all’interno della cinta magistrale, la complessa pianificazione degli edifici e degli stabilimenti militari rispondeva a due distinti ordini operativi. Il primo riguardava i servizi logistici necessari alla piazzaforte; il secondo riguardava i servizi logistici necessari all’armata d’Italia mobilitata per la guerra.
    Verona allora contava circa 70.000 abitanti. Per la difesa della piazzaforte, del corpo di piazza e dei forti esterni, nel 1866, in tempo di guerra, il presidio era costituito da 13.000 soldati, ai quali si aggiungevano 1.600 cavalli, per le varie esigenze di mobilità e trasporto; l’armamento raggiungeva la dotazione complessiva di oltre 500 bocche da fuoco.
    All’interno della città, per tutto questo, erano state disposte caserme per acquartierare i soldati, stabilimenti e magazzini per produrre e custodire le munizioni da guerra e da bocca, nonché tutte le altre dotazioni necessarie alla vita degli uomini, dei quadrupedi, e al combattimento.
   Ulteriori pianificazioni riguardavano il secondo ordine operativo appartenente alla piazza di deposito, ossia i servizi logistici di supporto all’armata di campagna. Nel 1850, Radetzky aveva stabilito che all’armata d’Italia, sul piede di guerra, fosse conferita la forza di 70.000-80.000 uomini. Nel 1859 gli uomini sul campo di battaglia erano ben 110.000, con 384 pezzi d’artiglieria e con diverse migliaia di quadrupedi; nel 1866 i soldati dell’armata in campo erano 75.000, con 168 pezzi d’artiglieria.

   A Verona, piazza di deposito dell’armata, erano stati edificati i magazzini per predisporre, conservare e custodire tutti gli equipaggiamenti, gli armamenti, le riserve, i mezzi e i materiali da campagna appartenenti all’armata; nonché gli stabilimenti per l’approvvigionamento degli uomini e dei quadrupedi. Il servizio della Provianda, con le riserve di grano e di fieno rinnovate periodicamente, era in grado di alimentare l’intero esercito sul campo di battaglia, senza gravare la collettività civile con requisizioni o depredazioni.
   Fortificazioni ed edifici militari per i servizi logistici fanno di Verona un caso ragguardevole. Qui sono attuati in modo esemplare i principi dell’urbanistica militare ottocentesca, che distingueva i fabbricati utili all’esercito in due classi, ossia: gli edifici e gli stabilimenti militari necessari per le esigenze esclusive della piazzaforte; gli altri edifici e stabilimenti necessari per le esigenze generali dell’armata.

   Solo le principali piazzeforti dello stato, alle quali era assegnata la duplice funzione di piazza di manovra e di piazza di deposito, erano dotate degli edifici di entrambe le classi. È utile elencare, in dettaglio, gli elementi delle due classi, singolarmente riscontrabili nella complessa pianificazione attuata a Verona.

Edifici e stabilimenti militari necessari per le esigenze esclusive della piazzaforte:


1. Caserme di fanteria e di cavalleria.

2. Stabilimenti della Provianda con i relativi magazzini e depositi vari per i viveri; in particolare:

    - forni del pane con depositi per grano e farine;
    - depositi di foraggi e paglia per i cavalli e gli animali da macello, con i relativi ricoveri per questi ultimi;
    - depositi di legna da ardere, per la guarnigione, per gli alloggi degli impiegati e del personale;
    - depositi per i letti e gli arredi da caserma.
3. Stabilimento delle monture, con i relativi magazzini e depositi di vestiario per i soldati e finimenti per i cavalli.
4. Edifici e altri stabilimenti per l’artiglieria da fortezza; in particolare:
    - polveriere per il tempo di pace e per il tempo di guerra; queste ultime suddivise in principali e giornaliere;
    - arsenale per la custodia delle armi portatili (armeria), delle munizioni metalliche, degli equipaggiamenti, delle riserve e di altre provviste e attrezzature per l’artiglieria;
    - officine di manutenzione per l’artiglieria;
    - laboratorio pirotecnico (per la preparazione delle cariche di lancio) e del munizionamento;
Inoltre, in tempo di pace:
    - deposito per l’artiglieria da fortezza;
    - deposito per gli affusti, con i loro accessori e carreggi;
    - depositi per legnami d’opera destinati ai paioli;
    - alloggi per il Direttore dell’Arsenale e per il personale dell’artiglieria tecnica, nell’arsenale.
5. Cantiere delle fortificazioni, nel quale sono custoditi tutti i materiali e le attrezzature per i lavori del Genio; relativi magazzini e depositi, con le officine e i locali per la conservazione delle attrezzature antincendio.
6. Ospedale di guarnigione.
7. Comando di Piazzaforte e Residenza del Comandante, con il relativo personale per il Comando di piazza, l’Auditorato (Giustizia militare), il Cappellano, l’Intendenza (Commissario militare).
8. La Direzione del Genio, con gli uffici per gli ufficiali ingegneri e il personale tecnico edile, e con l’alloggio del Direttore.
9. Prigione.


Edifici e stabilimenti militari necessari per le esigenze generali dell’armata:


1. Stabilimento della Provianda con riguardo all’approvvigionamento dell’armata in tempo di guerra.
2. Edifici e stabilimenti per l’artiglieria da campagna; in particolare:

    - laboratorio pirotecnico, magazzino per le munizioni confezionate; polveriere, officine; depositi per le riserve d’artiglieria dell’armata, con le relative caserme e stallaggi.

3. Caserma dei pionieri, con i magazzini e depositi per gli equipaggiamenti da ponte.
4. Magazzini e depositi per il parco d’artiglieria d’assedio, con le relative attrezzature e materiali; inoltre caserme per le truppe di artiglieria e del Genio addette alle operazioni d’assedio.
5. Grande ospedale d’armata.
6. Magazzino e deposito per le attrezzature da accompagnamento.


Infine, in casi speciali:

7. Grandi arsenali di produzione con fonderie e banchi di trapanatura.


   La varietà degli edifici e degli stabilimenti militari rispecchiava la complessa organizzazione logistica, posta a fondamento dei grandi eserciti europei, dal secondo Settecento.
   Il cospicuo insieme degli edifici è messo in evidenza nella pianta topografica del 1865, nella quale, a colpo d'occhio, gli edifici colorati in rosso fanno cogliere la consistenza quantitativa e la disposizione della funzione militare urbana. Si tratta di più di cinquanta edifici, o complessi di edifici, singolarmente documentati nelle piante su carta millimetrata. In essi non dobbiamo riconoscere esclusivamente un interesse di portata urbanistica, nel documentare l’incidenza della funzione militare nell’organismo urbano; ma un repertorio, assai raro, di uno speciale genere di architettura, con tipi e forme a volte del tutto speciali, e con opere di nuovo impianto, o ereditate dal passato. Tuttavia, questi singolari edifici, generati dall’utilità militare, concorrono a definire con le loro architetture la forma della città civile ottocentesca.
   Gli edifici ideati dagli operatori absburgici, ufficiali formatisi alla Genie Akademie di Vienna, si inseriscono come presenze di rilievo nel paesaggio urbano, si accordano ai luoghi, commisurandosi alle preesistenze architettoniche, anche nel caso di nuovi edifici disegnati nello stile dello storicismo romantico, neoromanico (Rundbogenstil), o neogotico.
   A Verona, gli edifici militari, connotati dal carattere della civile rappresentanza, evocano ancora l’eterna provvidenza absburgica.

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CASERME

   Dalla remota antichità, gli Stati provvisti di un esercito permanente hanno provveduto alla costruzione di caserme per il ricovero dei soldati in tempo di pace. I vantaggi di tale provvedimento riguardano tanto l’utilità pratica, ossia la disciplina, la sorveglianza e l’addestramento delle truppe; quanto l’aspetto politico, ossia l’opportunità di non gravare con l’onere di ospitare soldati la comunità urbana e le residenze private. Tuttavia, ancora nel Sette-Ottocento, in Europa permangono ordinamenti che attribuiscono alla comunità civile l’onere diretto di acquartierare soldati nelle abitazioni private; oppure, in alternativa, di costruire caserme, complete di arredi e stallaggi, a spese della comunità urbana.Disegno della caserma edificata sotto la Repubblica Veneta presso Porta San Giorgio (seconda metà del Cinquecento)

   Già gli antichi romani avevano perfezionato i modelli architettonici delle caserme, con impianti distributivi lineari, a corridoio o con porticato a colonne, dai quali si accedeva alle camerate comuni, disposte ognuna per quattro soldati (quaterni).
   Durante il Medioevo non erano in uso eserciti permanenti. Le truppe, per lo più arruolate all’occorrenza (compagnie di ventura) erano ricoverate in attendamenti provvisori fuori le mura delle città; o solo piccoli reparti erano acquartierati nei castelli.

   In epoca moderna sono da considerare determinanti come modelli le caserme ideate da Vauban (1638-1715), al tempo di Luigi XIV, con impianti a corpo lineare e a corte; esse razionalizzano e migliorano, anche dal punto di vista sanitario, consuetudini costruttive preesistenti. Nella storia dell’architettura militare europea le diverse culture produssero autonomamente propri modelli costruttivi e urbanistici: non trascurabili sono le caserme edificate nel Cinquecento nelle città fortificate della Repubblica Veneta, particolarmente a Peschiera, Palmanova, Verona.
   Secondo l’ordinamento amministrativo e tecnico-militare absburgico, la costruzione delle caserme nelle piazzeforti spettava allo Stato, anche se in caso di necessità e di urgenza, permaneva la consuetudine di utilizzare per l’esercito edifici di ragione pubblica, comunale, o anche privati. Era questo il retaggio delle antiche istituzioni militari.

   Nell’Ottocento, comuni orientamenti di architettura militare si riscontrano negli eserciti europei, frutto della circolazione di idee edificatorie e tecnologiche, con crescente riguardo per gli aspetti igienico-sanitari negli ambienti di vita collettiva. Si perfezionano i tipi d’impianto a corpo lineare, con aggregazioni d’insieme di più corpi di fabbrica su grandi corti aperte, ben arieggiate e soleggiate, disposte per l’addestramento e le varie attività di servizio.
   Nell’architettura delle caserme si afferma il carattere figurativo monumentale, della civile rappresentanza, con soluzioni desunte dagli orientamenti stilistici propri del tempo e di ogni singola nazione.
   Nelle opere dei progettisti absburgici si riconosce l’alto livello tecnico e artistico della progettazione, attenta alla funzionalità, alla salubrità d’interno, alla giusta economia nella costruzione. Ragguardevole è la sobrietà delle facciate, nei diversi stili architettonici - neoclassico, Rundbogen, neogotico - scelti in accordo con i caratteri figurativi e ambientali dell’intorno urbano.

   Oltre agli edifici absburgici di nuova costruzione, a Verona un cospicuo insieme di caserme è identificabile negli edifici religiosi demanializzati da Napoleone Bonaparte in seguito ai provvedimenti di legge degli anni 1805-1806 e 1810, e destinati all’uso militare. La conversione a caserme e altri servizi per l’esercito francese, di ben tredici chiese e complessi conventuali, permise di far fronte alla nuova dimensione urbanistica della funzione militare, imposta alla città da un grande esercito permanente. Dopo il 1814, i medesimi edifici vennero per lo più mantenuti a servizio dell’esercito imperiale absburgico, con successivi lavori di adeguamento funzionale, di adattamento o di ampliamento.

   Tra gli edifici militari della piazzaforte absburgica vi è poi un insieme di speciale interesse storico, nel quale si può riconoscere l’eredità di un lontano passato. Sono gli edifici nati per l’uso militare che avevano conservato per secoli la loro originaria funzione. Nell’Ottocento sono ancora in uso, con l’avvertita necessità di adeguamento strutturale, le caserme edificate dalla Repubblica Veneta, già nel secondo Cinquecento, a presidio delle porte urbane, e la Caserma Catena, del primo Seicento, ragguardevole esemplare del tipo a corte.
   Altre caserme, forse di impianto visconteo, o quattrocentesco veneto, costituiscono un insieme di speciale persistenza funzionale e di originale struttura architettonica. Si tratta della sequenza lineare, e continua, di edifici situati lungo la muraglia comunale-scaligera che guarda alla Cittadella. In aderenza al lato di mezzogiorno, verso l’Adigetto, i fabbricati militari si succedono dalla Torre della Paglia, presso l’Adige, fino alla Gran Guardia.
   Al cospicuo insieme delle antiche caserme, di speciale interesse per la storia urbanistica e architettonica, si aggiungono le caserme edificate ex-novo dall’Impero absburgico con atti di studiato inserimento nell’organismo urbano, rispondenti sia agli aspetti civili, sia alle esigenze militari. Le nuove caserme veronesi sono dotate di struttura costruttiva ordinaria - non a prova di bomba - come a Peschiera, poiché si giudicava che il nucleo della piazzaforte, in caso di assedio, fosse al sicuro da tiri di bombardamento d’artiglieria.

  
 Tra le caserme absburgiche di Verona, due sono gli interventi edificatori di maggior spicco per il loro significato tecnico e artistico. Il grande complesso del Campone, per fanteria e cavalleria, nel 1841 dà l’avvio all’imponente ciclo degli edifici militari absburgici. È un intervento esemplare, che ha il suo diretto antecedente architettonico nelle caserme tardo settecentesche, in stile classico, di Theresienstadt, la piazzaforte boema alla quale operò il feldmaresciallo Carlo Pellegrini (1720-1796), veronese. Di singolare interesse è poi la Caserma di Castel San Pietro, per fanteria con distaccamento d’artiglieria, edificata nel 1856 sui resti del castello visconteo. La sua architettura introduce a Verona il nuovo stile storicistico mitteleuropeo: il Rundbogenstil. Situata sul colle, la caserma istituiva un punto di riferimento paesaggistico; nello stesso tempo, dalla sua copertura merlata, a terrazza, si osservava l’intera città fortificata.

   Secondo la pianificazione logistica definita dopo il 1850, per il dispositivo del Quadrilatero, le caserme di Verona nel loro insieme erano in grado di acquartierare 9.000 uomini, con 1.600 cavalli, in tempo di pace; la capienza di presidio poteva essere accresciuta a 10.000 uomini, in tempo di guerra.

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POLVERIERE

   Secondo criteri di sicurezza, nelle piazzeforti absburgiche si distinguevano le polveriere per il tempo di guerra (Kriegspulvermagazinen) dotate di struttura costruttiva con volte a prova di bomba, dalle polveriere per il tempo di pace (Friedenpulvermagazinen), dotate di struttura costruttiva ordinaria, ossia con copertura non a prova di bomba. Queste ultime si edificavano in aperta campagna, per preservare la città da devastazioni in caso di esplosioni dovute a fulmini, incendi o attentati. Nell’imminenza di un conflitto, le polveri in esse contenute venivano trasferite all’interno della città fortificata, nelle polveriere per il tempo di guerra. Queste erano coperte con struttura voltata a prova di bomba, ossia atta a resistere ai colpi delle artiglierie nemiche, in caso di assedio o bombardamento.
   L’impianto architettonico delle polveriere veronesi esemplifica il tipo della polveriera ottocentesca absburgica, derivato dai magazzini per le polveri ideati da Vauban nel Sei-Settecento.
   Si tratta di edifici a pianta longitudinale, rettangolare, con navata unica, o duplice, coperta da volta a botte con soprastante massa coprente di terra, nel caso di struttura a prova di bomba, ossia nelle polveriere per il tempo di guerra. Volte boeme (emisferiche), senza massa coprente di terra, sono invece messe in opera nelle polveriere per il tempo di pace, a struttura costruttiva ordinaria. Le pareti laterali, all’interno, si articolano spesso in nicchie archeggiate, i cui piedritti fungono da contrafforti per le spinte orizzontali della volte di copertura.
   Piccole finestre con sportelli metallici e varie prese di ventilazione, con passante a tracciato spezzato, garantiscono la necessaria illuminazione e la circolazione naturale dell’aria. Si garantiva, così, la sicurezza contro l’intrusione di corpi incendiari. La salubrità interna, prescritta per la conservazione delle polveri, era perfezionata dal pavimento a struttura lignea, distaccato dal terreno, con sottostante camera ventilata comunicante con le prese di ventilazione perimetrali.
  Le polveriere sono edifici del tutto originali, raramente conservati. Sono esemplari architettonici di un genere costruttivo speciale, da osservare, e tutelare, per il loro interesse intrinseco, quali documenti storici della città fortificata absburgica.

 

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