Cronologia:
1860-1861

Committente/Progettista:
Impero absburgico; F.Z.M. Ludwig von Benedek (Comandante d’Armata) / capitano di I classe Daniel Salis-Soglio (in servizio alla Genie Direction di Verona).

Proprietà:
   Demanio dello Stato. La parte a est della strada è in concessione al circolo sportivo F.T.A.S.E.

Descrizione:
   Grande forte a tracciato poligonale (sistema poligonale misto della scuola fortificatoria neotedesca), con ridotto centrale. Impianto simmetrico a lunetta con fianchi obliqui (convergenti verso il fronte principale); fronte di gola rettilineo.
   Il forte era collocato in aperta campagna, a circa 700 metri oltre il borgo di Tomba, presso l’abitato di San Giacomo della Rogna. Era situato a cavaliere del rettifilo della strada postale per Ostiglia, che obbligava ad aggirarlo, prendendola con tiri d’infilata e di fianco.

   Faceva sistema con il Forte Azzano, sull’ala destra; mentre sull’ala sinistra, assente il quinto forte di prima linea presso la riva dell’Adige, incrociava i tiri delle nuove artiglierie da fortezza con il Forte San Michele, sulla riva sinistra. L’intervallo tra il forte e l’Adige era presidiato, in seconda linea, dalla Torre Tombetta e dal Forte Santa Caterina. Era il forte maggiormente armato della prima linea. Le sue artiglierie da fortezza battevano di fronte e di fianco le strade provenienti da Ostiglia e da Legnago, e il corso discendente dell’Adige, esercitando una potente azione di combattimento contro le operazioni nemiche di passaggio dell’Adige, o di investimento della piazzaforte da sud.

   Il Forte Tomba è simile, per impianto architettonico e caratteristiche tecnico-logistiche, ai forti Lugagnano e Dossobuono. Se ne distingue, tuttavia, per le maggiori dimensioni d’insieme (il fronte di gola misura 232 metri, rispetto ai 200 ÷ 204 metri dei due forti precedenti). È diversa anche la poligonale di base del forte, a lunetta con fianchi obliqui.

   Al centro del forte si eleva, su due piani, con copertura casamattata, il ridotto a corpo lineare, piegato sul tracciato a lunetta, con raccordi d’angolo arrotondati. La sua pianta si distingue rispetto agli altri tre forti di Salis: le ali del ridotto sono oblique, per similitudine geometrica con la poligonale d’impianto del forte.
   Sull’angolo interno del ridotto, nel mezzo, sporgeva verso il cortile il corpo scala su pianta trapezia, che conteneva anche i servizi igienici. Sui due piani, nei locali a volta, erano disposti i ricoveri per la numerosa guarnigione e le varie funzioni logistiche, che rendevano l’opera autosufficiente.

   Il fronte principale del ridotto era ordinato per la difesa, su ogni piano, con galleria perimetrale a feritoie per fucilieri. Sul fronte secondario, concavo, il cortile era chiuso da un muro rettilineo di sicurezza. Nel mezzo, ai lati del passaggio, altri due muri paralleli si collegavano alle casamatte del fronte di gola, delimitando un ulteriore compartimento di sicurezza. Il tutto formava un doppio recinto a feritoie che, assieme alle gallerie per fucilieri del fronte principale, assicurava la difesa progressiva dell’opera.
   Attorno al ridotto, il grande terrapieno, con il ramparo, si elevava sull’impianto a lunetta pentagonale, e copriva in aderenza anche l’intero fronte di gola. Le postazioni di combattimento per l’artiglieria da fortezza, a cielo aperto, erano protette da numerose traverse; parte di esse erano casamattate, per le riservette giornaliere delle polveri.

   Sulle facce e sui fianchi del forte, la scarpata esterna del terrapieno, a pendenza naturale, scendeva fino al livello del fosso asciutto perimetrale, dove era presidiata dal muro distaccato alla Carnot, munito da due caponiere casamattate del tipo a orecchi di gatto. Esse sporgevano sugli angoli esterni del fronte principale (angoli di spalla), ed erano dotate di fuciliere e di cannoniere, queste ultime per battere il fosso con tiro di fiancheggiamento. Due poterne in posizione diagonale, sulla bisettrice dell’angolo di spalla, mettevano in comunicazione il piazzale interno del forte con le caponiere e con il cammino di ronda lungo il muro alla Carnot, provvisto di nicchie archeggiate per fucilieri.

   La comunicazione dalla poterna alla caponiera e al cammino di ronda, è regolata da Salis con un dispositivo di sicurezza complesso, con uscite collaterali integrate a piccole corti d’armi.
   All’esterno, completavano l’opera la controscarpa a pendenza naturale, rivestita dal muro aderente solo in corrispondenza delle tre caponiere, e infine lo spalto, raccordato alla campagna secondo un piano inclinato discendente, a profilo balistico.

   L’ingresso del forte era risolto da Salis-Soglio con una disposizione complessa, coordinata al doppio recinto di sicurezza interno. Nel terrapieno del fronte di gola rettilineo era inserita un’opera casamattata (paradorso), alla quale era innestata, sporgente verso l’esterno, la caponiera di gola, per artiglieria e fucileria.
   Intersecando lo spalto, la strada di accesso si sdoppiava davanti alla caponiera arrotondata, verso i due portali laterali, simmetrici, preceduti dal ponte levatoio. Dai portali ad arco, con bugne rustiche, attraverso brevi poterne inserite nelle campate estreme del paradorso, si accedeva al piazzale, sotto il tiro dei fucilieri, ospitati all’interno delle medesime poterne, e al doppio recinto del cortile.

   Tre pozzi per le riserve d’acqua erano collocati agli angoli del piazzale interno, sotto il terrapieno, in nicchie casamattate. All’ingresso di ogni poterna principale era annessa una polveriera a prova di bomba. All’interno del ridotto, un pozzo e una polveriera completavano le riserve primarie del forte.
   Una razionale pianificazione della sicurezza e del combattimento era posta in opera nel forte di Salis. Al risultato funzionale corrispondeva il risultato formale. La qualità architettonica risaltava nell’articolato impianto spaziale d’insieme, nelle singole parti, nei dettagli costruttivi.

   Dall’esterno, verso il fronte principale, si percepiva l’architettura di terra, con masse dai profili ben modellati dalla geometria del defilamento; le opere murarie erano completamente sottratte alla vista. Nel fronte di gola, secondo un modello compositivo classico, spiccavano i portali monumentali, inseriti nelle severe membrature murarie.
   Nulla più rimane di quelle opere, completamente spianate o demolite.

   Nel nucleo del forte il ridotto assumeva duplice fisionomia: fortificatoria, nel prospetto esterno, convesso, con la serrata sequenza di feritoie su due ordini; quasi civile, nel prospetto concavo, sulla corte, con la successione di bifore a sesto ribassato.
   Oggi il ridotto è in rovina, abbandonato, trapassato dal rettifilo stradale. La sezione della struttura, squarciata, mette in vista la tecnologia costruttiva fortificatoria: le masse murarie di pietrame, le volte di laterizio. Nelle parti superstiti, il paramento di tufo a opus poligonale trasmette una persistente immagine di saldezza.
   Il forte venne intitolato al luogotenente feldmaresciallo conte Stadion.

Armamento: 6 cannoni ad anima rigata da 9 cm a retrocarica

 

6 cannoni ad anima liscia da 9,5 cm ad avancarica
  20 cannoni di diverso calibro ad anima liscia
  2 mortai
Presidio di guerra: 375 fanti
  72 artiglieri
Presidio di emergenza: 616 uomini
Riserve di munizioni: 52.500 kg di polveri

Stato di conservazione:
   Nel secondo dopoguerra (primi anni Cinquanta), per dare lavoro ai disoccupati, vennero completamente spianate le opere di terra del forte, colmando il fosso. Negli anni successivi la distruzione proseguì con lo sventramento del ridotto, per rettificare la strada proveniente da Ostiglia. Negli anni Novanta, si è ulteriormente peggiorata la situazione d’intorno, in prossimità del ridotto, con la costruzione dello svincolo della Tangenziale Sud.
   I due pezzi del ridotto, separati dalla strada, sono del tutto abbandonati, invasi dalla vegetazione spontanea.

Osservazioni:
   Salis elabora un modello di forte dal quale discendono quattro distinti progetti per adattare la forma di ogni singola opera ai compiti difensivi e alla posizione geometrica del campo trincerato.
   Il Forte Lugagnano e il Forte Dossobuono, quasi uguali per il tracciato e le dimensioni, corrispondono in modo diretto al modello. Il Forte Azzano subisce una sensibile riduzione dimensionale e la variazione del paradorso casamattato. Infine nel Forte Tomba la dimensione dell’impianto si accresce e i fianchi si inclinano, convergendo verso il fronte principale. La geometria del campo trincerato si riflette sui singoli forti, per la corrispondenza reciproca delle traiettorie di fiancheggiamento.

   L’imponente rudere del forte andrebbe tutelato come monumento di interesse storico; anche perché non si può escludere la possibilità del futuro restauro e del recupero funzionale per attività di interesse collettivo, culturale e sociale. Nello stesso tempo andrebbe delimitato sul terreno, come pianificazione urbanistica, l’impianto originario d’insieme del forte, da considerare come spazio di rispetto inedificabile, in vista del futuro recupero di parti del forte ancora conservate nel sottosuolo, quali muri alla Carnot, caponiere, poterne, o loro significativi resti.

 

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