Cronologia:
[a] 1549-1552: prima fase di costruzione.
[b] 1591-1628: seconda fase di costruzione, completamento del recinto e costruzione del tempietto.
[c] 1853: è documentata la destinazione a deposito di munizioni.

Committente/Progettista:
[a] [b] Comunità di Verona / attribuzione del progetto a Michele Sanmicheli; rielaborato da Giangiacomo Sanguinetto.
[c] Impero absurgico; F.M. J. Radetzky (Comandante d’Armata) / —

Proprietà:
   Comune di Verona.

Descrizione:
   Il deposito delle munizioni era sistemato nel cinquecentesco Lazzaretto, edificato in aperta campagna, a oriente della città, all’interno dell’ansa fluviale di San Pancrazio. La destinazione a deposito militare non modificò, in epoca absburgica, l’impianto architettonico originario.

   Il complesso era formato dal recinto rettangolare (circa m. 232 x 109), a un piano, merlato, con torri poste ai vertici, su due piani. All’interno, adiacenti ai quattro lati, erano disposte le celle (145 o 146), sopraelevate di un metro rispetto al portico antistante, ad arcate leggermente ribassate, sorrette da pilastri di muratura. Lo spazio interno era suddiviso in quattro settori, separati da setti murari obliqui. Su ogni lato si apriva un ingresso, e ogni settore era dotato di due pozzi.

   Al centro dello spazio rettangolare si trovava il tempio a pianta circolare, sul basamento a tre gradini, aperto e periptero con una doppia fila di colonne tuscaniche e pilastri. La cupola era sormontata dalla lanterna, conclusa con la statua di San Rocco, protettore degli appestati.
   Il tratto mediano del fronte occidentale si elevava su due piani; sul medesimo lato era annesso all’esterno un recinto minore con un fabbricato di servizio, anch’esso su due piani.

Stato di conservazione:
   Destinato a deposito di munizioni ed esplosivi, durante la seconda guerra mondiale fu ridotto in rovina a seguito delle esplosioni avvenute il 20 maggio 1945, causate dall’imperizia dei recuperanti. Il tempietto è stato restaurato per anastilosi; la statua di San Rocco dovrebbe trovarsi nel Museo di Castelvecchio.    Attualmente i resti del Lazzaretto sono in completo stato di abbandono.

Osservazioni:
   La costruzione del Lazzaretto di San Pancrazio, come quella del nuovo ospedale di San Giacomo e San Lazzaro, a Tomba, fu decisa in seguito alla distruzione del vecchio ospedale di San Giacomo e San Lazzaro, in Basso Acquar, imposta dalla formazione della spianata militare, nel 1517. Il Lazzaretto faceva parte del patrimonio immobiliare dell’Ospedale di San Giacomo e San Lazzaro a Tomba.

   La posizione del Lazzaretto, isolato nell’ansa fluviale e vicino alla riva dell’Adige, consentiva sia di trasportarvi i malati per via d’acqua, sia di evitare la trasmissione del contagio. La sua disposizione planimetrica corrispondeva ai più evoluti metodi di igiene e profilassi dell’epoca. Nel progetto, attribuito dal Vasari a Michele Sanmicheli, sembra plausibile l’intervento di Girolamo Fracastoro, stimato studioso veronese, precursore nelle teorie sulle malattie contagiose. Le celle per gli ammalati erano isolate e autonome, con focolare, servizi igienici e armadio.
   I setti murari disposti obliquamente nella grande corte separavano i settori riservati ai diversi stadi della malattia. Le torri erano riservate al personale di servizio. Sull’ingresso occidentale era sistemata la residenza del priore delegato dal magistrato alla Sanità; l’edificio a due piani occupava cinque arcate del portico; era dotato di un recinto e di un fabbricato di servizio (scuderie e case degli inservienti), entrambi rivolti verso l’esterno del complesso. L’attività profilattica si esaurì alla fine del Settecento.

   Il Lazzaretto, dato in consegna all’esercito absburgico dalla Congregazione Municipale, fu inizialmente adibito a caserma di cavalleria. La successiva destinazione a deposito delle munizioni da guerra già confezionate, per il fabbisogno della piazzaforte, è documentata dall'anno 1853; tuttavia le autorità militari absburgiche esprimevano riserve sulla sicurezza del deposito a causa della sua posizione isolata, che avrebbe richiesto un’adeguata sorveglianza.

   L’uso a deposito di munizioni venne mantenuto anche dall’Esercito Italiano, salvo un breve periodo in cui fu riconsegnato al Comune di Verona, e da questo concesso in affitto come magazzino agricolo. Riutilizzato durante la seconda guerra mondiale, come deposito di proiettili d’artiglieria, abbandonato dalle truppe germaniche in ritirata fu oggetto di saccheggio nella primavera del 1945.
   L’imprudenza e l’imperizia dei recuperanti, il 20 maggio, provocò la deflagrazione degli ordigni esplosivi e la completa rovina del Lazzaretto, con molte vittime e danni
all’intorno.

 

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